30Jan2015

ETICA, COMUNICAZIONE E SITI INTERNET

Si dice che quella attuale sia l’epoca della comunicazione, l’epoca dei social network, l’epoca di internet in cui i messaggi non hanno più bisogno di contatto personale per essere trasmessi.  Ma forse c’è un errore di fondo: non si tratta di comunicazione ma solo di trasmissione di informazioni. A volte anche eccessive. Infatti dal punto di vista etico affinché ci sia vera comunicazione deve esserci una interazione personale, vale a dire che il messaggio su twitter o lo stato d’animo comunicato su facebook non è comunicazione anche se generalmente la si tratti come tale. Affinché ci sia comunicazione deve esserci il contatto vale a dire una relazione mentale personalizzata. La comunicazione non può essere generalizzata, se ciò avviene si tratta solo di una diffusione di informazioni. Dal lato della comunicazione occorre che il messaggio venga adeguatamente indirizzato.

È intuitivo capirlo osservando la realtà che ci circonda in termini di mass media: ci accorgiamo che la comunicazione non esiste, si tratta solo e sempre di un “imbottigliamento di contenuti commerciali”. Lo possiamo confermare nelle vesti di consumatori, osservando la pubblicità che si basa su un tipo di comunicazione, quando è televisiva o radiofonica, ripetitiva, invadente, veicolatrice emozionale di bisogni indotti anche laddove inesistenti, misurata da una continua redemption e da feed back specifici come l’auditel televisivo.

Anche per i siti internet appare difficile capire come valutare la funzione comunicazionale. Non sappiamo mai comprendere le funzionalità effettive dei siti web, non capiamo la funzione dei banner, dei colori, della impostazione del sito. A volte pensiamo di trovare una indicazione che cerchiamo ed invece riceviamo informazioni che ci confondono ancora di più. I siti a volte invece che per comunicare vengono allestiti per veicolare informazioni pubblicitarie con obiettivi che non conosciamo. Quando ci inseriamo su un sito internet quindi non sappiamo se sia al nostro servizio per darci le informazioni che cerchiamo oppure, a nostra insaputa, sia impostato in maniera da carpirci le informazioni attraverso algoritmi nascosti e strutturati ad uso di banche dati che poi ci bombarderanno di messaggi mirati sulla base delle informazioni a nostra insaputa scientificamente collezionate. Per non parlare poi delle componenti psicografiche relative alla forma dei messaggi, alla struttura del sito, all’indirizzamento della mappa, alla condivisione di banner ed immagini. Per non parlare poi delle attuali funzionalità di Google e dei tablet Apple e Samsung che oltre alla disclosure sulla privacy pretendono di incamerare ogni qualsiasi informazione che passa sui loro device e sui loro cloud, altrimenti non garantiscono l’uso di determinate app.

Insomma l’etica della comunicazione prevede una funzionalità diversa più onesta, trasparente e meno mirata ad interessi esclusivamente commerciali. Occorre un salto di paradigma in cui la forza contrattuale dell’emittente sia modulata in maniera onesta sui bisogni dell’interlocutore.  Ma per far ciò occorre un sistema di valutazione dei siti esistenti, una comparazione trasparente sugli indici comunicazionali che permettano di ubicarsi all’interno di quelli che chiamiamo social network.  Per non parlare poi del mondo commerciale delle etichette e dellatracciatura dei prodotti che acquistiamo: spesso sono mancanti anche delle informazioni più importanti quali l’origine del prodotto. Per non parlare poi della comunicazione dei fogli informativi dei contratti bancari, assicurativi e finanziari nei quali la comunicazione lascia a desiderare per il solo fatto di dover firmare due volte le clausole vessatorie.

Invece la comunicazione etica non deve contenere toni propagandistici, ma toni di comunicazione persuasiva, basata su un coerente uso della parola e dell’immagine,  poiché indirizzata verso destinatari in cui il bisogno non è indotto, ma è effettivo; deve quindi mirare innanzitutto a due intenzionalità importanti: informativa e comunicazionale. Questo modo di procedere non solo rispetta i canoni etici, ma rafforza il tessuto di fiducia esistente tra impresa ed interlocutori perché questi quattro canoni rappresentano idealmente le norme etiche di riferimento affinché i partecipanti ad una comunicazione, a prescindere che sia pubblicitaria o no, abbiano una reale interazione comunicazionale orientando lo scambio filologico, informativo e comunicazionale stesso, sul principio di cooperazione.

Prof. Romeo Ciminello

Presidente del Comitato di Promozione Etica Onlus