22Apr2015

Dalla crisi economica un nuovo paradigma per il consumerismo del Terzo Millennio

utti coloro che da decenni si occupano dei diritti dei consumatori dovrebbero prendere atto che la crisi economica e finanziaria internazionale, che viene fatta risalire al 2007/’08, non ha visto le politiche delle organizzazioni dei consumatori capaci di incidere sulle cause che la provocarono. Si può certamente affermare che le attività svolte hanno, in qualche modo, permesso il maturare di proposte e soluzioni utili ai consumatori, anche se una accurata analisi dei risultati ci porta alla conclusione, pur sintetica, di insoddisfazione rispetto alle attese.

In Italia questa crisi economica ha inciso profondamente sulla struttura produttiva (meno 25% della produzione industriale) e sui livelli occupazionali, tanto da destrutturare la classica organizzazione del lavoro e di conseguenza i consumi.

Le fasce più deboli e povere, o in prossimità della soglia assoluta di povertà, non sono state oggetto di particolare attenzione da parte delle organizzazioni dei consumatori. Privilegiando un posizionamento tradizionalmente definito nel concetto “i consumatori sono coloro che comprano”, quelli che non acquistano (perché non possono) non si devono considerare consumatori!!!

È utile ricordare, a titolo di esempio, che secondo l’ISTAT nel 2013 la soglia di povertà assoluta di un nucleo famigliare, composto di una sola persona che abita in una area metropolitana, va da poco meno di 10mila Euro/anno al Nord e poco più di 7mila Euro nel Mezzogiorno!

Appare facile capire che cosa significa in pratica per la vita di tutti i giorni. Tutto questo accade con molta disinvoltura intellettuale dei dirigenti consumeristi e dei ceti politici che da decenni governano il nostro Paese.

Ora, l’obiettivo che ci proponiamo è riflettere sulle ragioni profonde che hanno portato anche il movimento consumerista a seguire una politica di oggettiva distanza verso una parte consistente della popolazione italiana. Per capire meglio, è molto utile ed indispensabile riprendere la Costituzione Italiana ed in particolare i primi articoli.

Ad esempio, l’art. 2 afferma: “La repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo sia come singolo sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità, e richiede l’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale”.

È evidente che questo principio è gerarchicamente superiore al Codice del Consumo, ovvero alla definizione di consumatore. È l’uomo, ovvero la persona, al di sopra di tutto. È la persona che va tutelata e organizzata. Il consumatore e il non consumatore sono persone, ed entrambe devono essere protagoniste di una moderna politica consumerista.

E se questo è un nuovo paradigma, per noi di ACU e di Konsumer si traduce sul piano organizzativo con il concetto di rete di persone e tra persone, tra i cosiddetti esperti e i non esperti… Ogni persona è sempre esperta della propria esperienza e in quanto tale è indispensabile partecipi alla costruzione di una politica consumerista. Una rete è costituita da “nodi” che si connettono con il tutto, ad ogni “nodo” corrisponde una persona che a volte consuma e a volte no, che a volte consuma una “cosa buona e giusta” ed altre volte il contrario. Ogni persona attiva può gestire uno “sportello amico del cittadino”. Non si tratta soltanto di conoscere i propri diritti che qualcuno “esperto” ci spiega, ma di esercitare il protagonismo, soggettivo e collettivo previsto a tutto campo dalla Costituzione.

ACU e Konsumer oggi rappresentano il catalizzatore di questo percorso tanto difficile quanto innovativo e stimolante. Ognuno di noi è un nodo di una rete e dovrà essere la rete, capace di maturità sociale ed organizzativa, a darsi una politica consumerista all’altezza del Terzo Millennio.

Gianni Cavinato

Presidente nazionale

ACU-Associazione Consumatori Utenti